La pace è un miraggio nella dimora degli Aslanbey. La tensione esplode come una bomba tra le mura della casa quando Andan, fuori di sé dalla rabbia, impedisce al marito Cihan di uscire. Le sue grida, cariche di dolore e frustrazione, rimbombano, mentre Azat, il figlio sconvolto, fugge nel cortile, cercando respiro lontano da quel caos familiare. Ma la madre lo insegue con parole velenose: “Reyan è fuggita di nuovo… da Miran!”.
Il sarcasmo crudele di Andan colpisce Azat nel profondo. “Prendi la pistola, vai da lei, fatti sparare ancora da Miran, magari così imparerai la lezione.” Ma Azat, spezzato, abbassa la testa: “Hai ragione, madre. Non si rincorre chi non ti ama. Rinuncio.”
Mentre un amore si spezza, un altro è sull’orlo della tragedia. Zera entra in travaglio, ma le complicazioni impongono un trasferimento d’urgenza in ospedale. L’ambulanza, lanciata tra le strade trafficate, perde il controllo: un incidente terribile lascia madre e figlia in bilico tra vita e morte. Azar, disperato, chiama Cihan per chiedere aiuto, ma quest’ultimo ha altri piani.
Cihan finge sollecitudine, ma nel suo cuore c’è solo vendetta. Raduna i suoi uomini e si lancia alla caccia di Miran e Reyan. Un pezzo del vestito di Reyan lo conduce sulla pista giusta. Intanto, Mamud – fedele ombra di Azize – li individua: sono nascosti in una grotta. Punta la pistola, ma un urlo lo paralizza: “Miran morirà oggi!” urla Cihan, inconsapevole di trovarsi sopra di loro.
Azize, intanto, ordina di lasciar fare a Cihan. Miran è solo una pedina sacrificabile per completare il suo gioco di vendetta. Reyan, tra le lacrime, tenta di trascinare il corpo febbricitante di Miran verso la salvezza. “Se dobbiamo morire, moriremo insieme.” Un cavallo in lontananza accende una fievole speranza.
Nel frattempo, l’ambulanza giace distrutta. Azar e Zera si risvegliano tra le lamiere, feriti ma vivi. Con la forza della disperazione, si sostengono a vicenda, decisi a trovare aiuto.
Mentre la tragedia incombe, Azize prepara un’altra trappola. Porta Anife, la sorella che crede l’abbia tradita, alla vecchia casa degli Adolu. Il confronto è gelido e mortale. Anife, accusata ingiustamente di aver inviato lettere anonime, reagisce: ruba la pistola e la punta contro Azize. Ma Mamud tenta di disarmarla, parte un colpo. Anife cade tra le braccia della sorella che l’ha condannata.
Mentre una vita si spegne, un’altra nasce: Zera dà alla luce una bambina nei campi, una scintilla di speranza nella notte più buia. Intanto, Reyan trova cibo e acqua in un villaggio abbandonato, mentre Miran brucia di febbre. Lei lo cura, gli promette sogni da realizzare: figli, un futuro, la libertà.
Gonul, scoperta l’intenzione omicida di Azize, scappa per salvare Miran. Anche Sultan supplica Aslan di intervenire: “Salva Gonul, tua nonna la ucciderà!” Ma Mafuz lo trattiene, temendo che Azize possa scoprire la sua vera identità.
Arun trova la lettera lasciata da Anife. Aslan legge: “Tutto iniziò 47 anni fa. Il vero nome di Azize è Aise. Siamo sorelle di sangue.” Lo shock è totale. La rete di bugie e vendette si svela filo dopo filo.
Nel villaggio, Reyan cerca aiuto, ma si imbatte in Cihan. Terrorizzata, lo affronta con la sua stessa pistola. “Non mi fido di te! Sparerò!” Lui la inganna con una menzogna: “Zera è in rianimazione, sono qui per aiutarti.” Reyan urla a Miran di fuggire, poi scappa. Ma nel buio, cade in un pozzo. Intrappolata, punta l’arma verso l’alto: “Parlerò solo con Miran. Se lo trovi tu, lo ucciderai.”
Cihan la lascia lì, sola, mentre la minaccia si avvicina a Miran.
Gonul, intanto, raggiunge il villaggio armata. Nota fumo uscire da una casa. Cihan si avvicina con la pistola in mano. Miran, ignaro, è all’interno. La porta si apre. La resa dei conti è arrivata.